Dicembre 1991: sono a casa di amici, il covo della nostra combriccola di appassionati di fumetti e videogiochi, fra un anime in VHS e una partita con l'Amiga 500 arriva un nostro compagno che stringe in pugno il tesoro più ambito! Il manga che stavo aspettando più di tutti in assoluto dopo averne letto sulle fanzine dell'epoca, era proprio il n.1 della nuova collana di Granata Press denominata "Z Star" e al suo interno c'era finalmente in italiano e pronto ad essere divorato dai miei occhi: il Devilman di Go Nagai! Inutile dirvi che presi immediatamente la mia fida bici per fiondarmi in edicola e trovare l'agognata copia...!
Dicembre 2021: quella copia è ancora qui a pochi metri da dove vi scrivo insieme a centinaia di altri fumetti del mio/nostro autore preferito in ogni tipo di formato ed edizioni. Tutto questo per farvi partecipi del 30esimo anniversario dalla prima pubblicazione italiana del manga-cult di Go Nagai, era un periodo editoriale completamente differente dove la Granata Press di Luigi Bernardi fece da apripista per il fumetto giapponese presso il pubblico nostrano (coadiuvata sotto questo profilo dall'effimera presenza di Glenat Italia con il loro tutt'altro che effimero "Akira" di Katsuhiro Otomo nella versione occidentale a colori realizzata originariamente dalla Epic/Marvel).
Devilman come detto aprì la collana "Z Star" di Granata, serie pensata per ospitare gli autori giapponesi più importanti e rappresentativi (per esempio anche Capitan Harlock di Leiji Matsumoto apparve su quelle pagine), formato e tipo di carta erano quelli consueti dell'editore bolognese, un agile brossurato poco più alto di un "bonellide" con la sempre riconoscibilissima grafica di Roberto Ghiddi, l'efficace lettering di Andrea Accardi (poi e ancora oggi noto come apprezzato autore di fumetti) e la traduzione dal giapponese di Federico Colpi (che firmava anche la puntuale introduzione e la sezione di note).
Proprio a Federico abbiamo pensato di chiedere una intervista su quel periodo irripetibile dell'editoria italiana manga. Colpi è stato il collaboratore di Granata Press dal Giappone in grado letteralmente di aprire e diffondere il mercato editoriale giapponese verso l'Italia, prima per la casa editrice di Luigi Bernardi e poi con Dynamic Italia ed infine d/visual. La discussione che ne è nata è stata davvero interessante e ricca di particolari inediti:
1) Ciao Federico, grazie per aver accettato di fare quattro chiacchiere con noi del G.N.F.C.I. I lettori italiani ti conoscono come un vero e proprio pioniere del fumetto giapponese nel nostro paese. Nel Dicembre del 1991 arrivava nelle edicole italiane il numero 1 del Devilman di Go Nagai pubblicato da Granata Press, sono passati 30 anni da quello storico albo, puoi raccontarci qualcosa sulla nascita di questa prima edizione italiana? La scelta del manga da proporre (tutto sommato ovvia dato che si parlava di un "cult" assoluto) venne da Dynamic o per richiesta di Granata?
Certo! Io lavoravo per Nippon Animation come traduttore e avevo anche lavoricchiato per i Nagai dall’estate 1990. Credo di averlo già raccontato perciò non mi dilungo, comunque un giorno scrissi una specie di fan-letter a Go Nagai ringraziandolo perché, grazie ai suoi cartoni, mi aveva ispirato a studiare giapponese e ora avevo realizzato il mio sogno di vivere in Giappone. Il giorno dopo mi chiamò suo fratello incazzatissimo dicendomi che era impossibile che avessi visto Jeeg o il Grande Mazinger perché loro non li avevano mai venduti in Italia, e mi intimò di visitarli subito per spiegare la situazione. Quando arrivai capirono che ero un pischello e non certo il pirata che aveva distribuito Jeeg & C. nel ’79, perciò mi chiesero di andare da loro un paio di pomeriggi alla settimana per telefonare e mandare fax a televisioni ed editori europei, in modo da cercare di capire come e da chi si erano procurati quei diritti.
Quanto a Granata, ne conobbi l’esistenza quando tornai per una breve vacanza in Italia a maggio 1991 e trovai “Mangazine” in edicola. Sapevo che i miei compagni dell’Università di Venezia stavano discutendo da tempo di fare una rivista di manga, perciò pensando che dietro al progetto ci fossero loro telefonai in redazione. Fu lì che Luigi Bernardi mi propose di diventare il suo agente in Giappone .
Al tempo Granata acquistava i manga da Viz, un editore giapponese basato a San Francisco, ma non aveva contatti diretti col Giappone. Era un momento di gravissima crisi perché Viz aveva deciso di interrompere “Ken il Guerriero”, che in America non vendeva, e Granata rischiava di rimanere senza il titolo che teneva in piedi tutta la struttura. Perciò il mio primo compito fu quello di fare tutto il possibile per convincere Shueisha a fare il suo primo contratto diretto con un editore straniero. Alla fine, grazie all’aiuto di Buronson, Kurumada e Toriyama, che spinsero una riluttantissima Shueisha, riuscii a portare a Granata sia “Ken” che “I cavalieri dello zodiaco”, nonché “Dragon Ball” (che all’epoca non interessava a nessuno in Italia) a Glénat francese, con la quale Bernardi era strettamente legato.
Fu in quel momento che proposi timidamente i titoli di Nagai, ma Bernardi era piuttosto riluttante e interessato solo ai robottoni. Io, che amavo Nagai alla follia ma che non ritenevo i manga robotici il meglio del suo catalogo, spinsi invece per “Mao Dante” e “Devilman” (nonché per un corto che mi aveva fatto ridere da morire, intitolato “Ricordo di K“).
Per fortuna due delle persone più fantastiche che erano allora a Granata, Roberto Ghiddi e Andrea Accardi, erano invece fan di “Devilman” e pian piano iniziarono a pressare Bernardi. Quindi io gli inviai tutto “Mao Dante”, che avevo tradotto di mia sponte in italiano perché si rendesse conto di cos’era, e Bernardi se ne innamorò immediatamente. Il progetto “Devilman” prese il via da lì: se “Mao Dante” fosse andato bene in libreria, Bernardi avrebbe pubblicato “Devilman” in edicola. Dunque, in ordine cronologico, i primi contratti furono “Ricordo di K” (che credo non sia però mai stato pubblicato da Granata) e “Mao Dante”; dopo arrivarono “Mazinger Z” di Ota e solo dopo il contratto di “Devilman”.
2) Correggimi se sbaglio ma all'epoca le collaborazioni internazionali dello studio di Go Nagai (Dynamic Production) per le pubblicazioni dei suoi fumetti all'estero erano ancora in fase embrionale benché in procinto di esplodere proprio grazie al tuo lavoro negli anni successivi, il Devilman della Granata Press fu la prima pubblicazione realizzata da un editore occidentale per questo titolo fondamentale del fumetto giapponese?
Non solo per Dynamic. Kodansha era l’unico editore ad avere un ufficio internazionale - la cui direttrice odiava dal profondo Granata in quanto considerava Bernardi responsabile di aver interrotto “Akira” italiano poco prima del finale, quando invece fu Glénat francese a imporre la chiusura della filiale italiana, di cui Bernardi era direttore.
Shogakukan non era interessata ai mercati stranieri e aveva un pessimo rapporto con Viz, ma era costretta a venderle titoli perché il proprietario di Viz era il figlio del proprietario di Shogakukan stessa.
Gli altri editori (Shueisha, Kadokawa, Tokuma, Akita…) e autori (Matsumoto, Miyazaki…) non avevano mai fatto contratti direttamente con l’estero. Dunque fu davvero estenuante iniziare tutte quelle negoziazioni, ma per un ventenne pieno di energia era anche estremamente stimolante.
Dopo Granata, Dynamic licenziò “Devilman” al musicista americano Glenn Danzig - facendo il lavoraccio incredibile di togliere tutti i retini dalle tavole originali per riscansionarle, in modo da colorarle meglio di quanto Kodansha aveva fatto con “Akira”; senonché si crearono subito gravi problemi contrattuali e l’edizione a colori americana non uscì mai - solo tre volumi di “Shin Devilman” colorati da pessime scansioni dei tankobon.
3) In quel periodo immaginiamo che parlasti con lo stesso Go Nagai circa questa prima edizione italiana del suo Devilman, era soddisfatto di poter vedere il suo capolavoro manga pubblicato al di fuori del Giappone?
Più che contento era sorpreso. Shueisha mi disse chiaramente che “gli stranieri non possono comprendere i manga” e anche Nagai, in fondo fondo, credo fosse convinto che le sue opere fossero destinate a un pubblico veramente minuscolo. Quando poi arrivavano i campioni delle edizioni straniere, il commento tipico di tutti gli autori / editori era “fa una strana impressione vedere i disegni capovolti”. Non mi ricordo di aver mai sentito da nessun autore o editore commenti entusiastici riguardo alle edizioni straniere delle loro opere; ma col senno di poi, lo capisco. I manga stranieri, a quel tempo, non avevano una carta molto buona e il livello delle stamperie italiane - sia in bianco e nero e ancor più a colori - era deprimente se paragonato al Giappone, tanto che a volte io stesso mi vergognavo di fornire campioni in cui la carta era così fina che si vedeva chiaramente la tavola sul retro…
Per “Devilman” poi, per una scelta strana che mi creò anche notevoli problemi, si usarono per le copertine immagini dell’OAV e addirittura l’illustrazione di Yuzo Takada fatta per il CD - cose impensabili al giorno d’oggi.
Mi ricordo però che Nagai fu visibilmente soddisfatto, sorpreso e commosso la prima volta che venne in Italia a incontrare i fan. Non è facile far capire a parole agli autori quanto sono amati in Paesi tanto lontani. Per esempio, in 20 anni di Dynamic, non sono mai riuscito a convincerli del fatto che Jeeg fosse un mito in Italia, e credevano che fossi solo io a esserne maniaco.
Se ne resero conto solo quando arrivò in Giappone “Lo chiamavano Jeeg Robot”.
4) Con Granata Press foste all'avanguardia anche nel settore home video legato all'animazione giapponese, proprio sulla collana di VHS "Manga Video" di Granata Press apparvero i due indimenticabili e spettacolari OAV di Devilman ideati dall'incredibile staff di animatori comprendente i compianti maestri del settore Tsutomu Iida e Kazuo Komatsubara, ci racconti qualcosa su queste produzioni e il loro arrivo sul mercato italiano?
Veramente bellissimi, due dei titoli che sono più orgoglioso di aver fatto! La trattativa fu tutt’altro che semplice perché, mentre il secondo era gestito da Bandai che concesse subito la licenza, il primo era controllato da Kodansha dove, come dicevo, c’era una persona estremamente accentratrice che non poteva vedere Bernardi. A un certo punto rischiammo di trovarci con solo il secondo OAV ma non il primo. Poi per fortuna intervenne un pezzo grosso di Kodansha che dichiarò che i diritti dei video non dovevano essere gestiti dalla persona che gestiva i manga e la situazione si risolse (attirando ulteriore odio su Bernardi e me, che con “Akira” e Glénat Italia non avevo nulla a che fare…).
Da lì cominciò quindi l’attesa per il terzo e conclusivo OAV, in attesa del quale lo studio Triangle Staff / Oh! Production e il produttore Bandai si dedicarono ai CB Chara. Però il progettto di Iida richiedeva un investimento che né Kodansha né Bandai erano disposti ad affrontare. Mentre si continuava a discutere, se ne andarono prima Mukuo e poi Komatsubara. Il progetto passò a KSS che propose di prendersene carico a patto che le fosse consentito di sviluppare l’ultima parte su tre OAV, unica soluzione possibile per recuperare l’investimento; ma per ragioni che non ho mai capito si arenò e, credeteci o no, una parte di quel progetto diventò l’OAV de “Il minatore dello spazio”. Lavorando in Dynamic, credo di aver sentito discutere del famoso “ultimo OAV” almeno una volta al mese e ogni volta in formati diversi e con produttori diversi. Dopodiché, quando Iida se ne andò prematuramente, tutto si fermò in via definitiva. Davvero un’occasione persa.
5) Prima di salutarti e ringraziarti di nuovo per il tempo dedicatoci un'ultima domanda: la tua d/visual ha pubblicato in Italia alcune delle migliori edizioni manga di Go Nagai (e non solo), ancora oggi ricercatissime da lettori e collezionisti (e questo posso ben testimoniarlo in qualità di rivenditore), da ormai molti anni però avete lasciato l'editoria italiana per focalizzarvi su numerosi progetti multieditoriali legati prevalentemente al mercato asiatico (per averne un esempio visitate d/world), c'è una possibilità di rivedervi di nuovo nel nostro paese prima o poi?
Mi fa molto piacere sentirlo: stando a migliaia di chilometri di distanza non ho mai avuto la possibilità di tastare con mano le reazioni del pubblico italiano alle nostre uscite. So che ho dedicato un grandissimo amore a tutti i volumi che ho curato, e credo davvero che il lavoro fatto per gli editoriali di “Kajimunugatai” o “Le rose di Versailles” non possa essere copiato facilmente. Perlomeno non penso che l’editore di una nuova edizione si trasferisca per tre mesi a Okinawa, o se ne vada a cercare a Parigi i registri delle vittime della rivoluzione per verificare la grafia esatta dei nomi utilizzati dall’Ikeda (che si era basata su fonti discutibili e, soprattutto, strettamente in katakana). So che ridevo spesso quando la gente scriveva “un editore delle vostre dimensioni” o “con tutti i mezzi che avete” credendo che fossimo in chissà quanti. In realtà eravamo tre: io mi occupavo di traduzioni, editoriali, stampa, della grafica e del sito; il mio collega della contabilità si occupava dell’impaginazione; il collega dell’ufficio legale si occupava dei contratti, dell’inserimento dei testi e della gestione degli ordini. Comunicava da solo con oltre 300 negozi italiani, smistandone ogni mese gli ordini, e i negozi erano convinti di conferire con un ufficio in Italia; invece il loro interlocutore era un giapponese a Tokyo! Oppure quando, nel mezzo della campagna “anti-Colpi” aizzata da certe persone, decisi di usare lo pseudonimo di Leonardo Grimani e molti cominciarono a scrivere “Questo sì che sa tradurre, altro che Colpi!”. Credo di esser stato anche molto fortunato nella scelta dei partner: Francesco Grippo faceva un lavoro incredibile come curatore dell'edizione e persone come Sandro Cordovani o Endrius Boscolo sono state fondamentali per l’edizione italiana di “Gundam” commissionata da Sunrise - che, a quanto ne so, venne poi strapazzata durante il doppiaggio. Comunque, in periodo pre-covid abbiamo avuto numerosi contatti dall’Europa con richieste di ritornare su quei mercati. Personalmente, dopo oltre 30 anni di vita in Giappone e oltre 35 a lavorare per giapponesi, mi sento molto più vicino alla mentalità asiatica e sono molto soddisfatto della mia vita tra Tokyo, Taipei e Bangkok. Non mi sono mai sentito a mio agio con l’assertività - che spesso si traduce in una futile arroganza - di interlocutori europei o americani. Poi ora tutti i nostri sforzi editoriali sono concentrati sull’edizione giapponese dei titoli Disney, come Topolino e Paperinik. Sicuramente le tre persone che formavano d/visual non hanno più l’energia per tornare ad affrontare un lavoraccio simile. Ma chissà, “with a little help from some friends…”.
Nelle immagini: fronte & retro del numero 1 della collana "Z Star" di Granata Press edito nel Dicembre 1991 e contenente la prima edizione italiana del Devilman di Go Nagai